Riccardo Saccone (Slc-Cgil): ‘Fibercop, Tim, Poste, iliad, Raiway, Ei Towers. Ma quali sono i piani del Governo?’
Ma quali sono i piani del Governo sul futuro delle Tlc e del digitale nel nostro Paese? E’ questa la domanda che si fa Riccardo Saccone, Segretario Generale della Slc-Cgil, alla luce degli ultimi sviluppi di una industry in crisi. I sindacati hanno appena chiesto un incontro urgente al Mimit per capire quale sia il senso delle diverse operazioni in atto nella industry delle Tlc. Da Tim alle ultime voci su Fibercop snocciolate dal Financial Times, che hanno destabilizzato e scosso il mercato, nonostante la precisazione aziendale. Lo stesso vale per le rinnovate voci di un potenziale merger fra Raiway ed Ei Towers, passando per l’ingresso di Poste in Tim.
Key4biz. Partiamo da Fibercop. Cosa ne pensa del quadro disastroso emerso sul Financial Times?
Riccardo Saccone. La premessa è, come tutti sanno, che noi come sindacato siamo sempre stati contrari alla scissione della rete e alla separazione fra Fibercop e Tim. Detto questo, devo ammettere che fra le due nuove entità pensavo che Fibercop fosse quella più solida e sentire di un possibile buco di 450 milioni di euro sui piani è una notizia disastrosa. Speriamo che non sia così e che la smentita di Fibercop corrisponda a realtà. Lo vedremo il 25 febbraio al Cda.
Certo, KKR è un fondo e quindi il suo piano è al massimo a due o tre anni. Nessuna sorpresa, quindi, si tratta di un fondo. Ma KKR era in Fibercop già da prima, quando era la società della rete secondaria di Tim. Ora però saltano fuori ammanchi e KKR si scalda con il management di Fibercop, tanto che l’ad Luigi Ferrais si dimette dopo appena sei mesi. Qualcosa non torna.
Key4biz. Il question time della scorsa settimana del ministro Giorgetti su Rai Way e Tim non vi ha convinto. Perché?
Riccardo Saccone. Noi non siamo contrari a priori alle fusioni, in questo caso si torna a parlare di una possibile operazione di merger fra Rai Way ed Ei Towers. Non siamo contrari a costruire dei poli né a costruire il futuro. Non siamo dei luddisti. Vorremmo semplicemente capire perché si fanno le cose. Vorremmo capire se c’è un piano.
Key4biz. Di un potenziale merger fra Rai Way ed Ei Towers se ne parla ciclicamente a partire dal 2015-2016.
Riccardo Saccone. Esatto. Sì da 10 anni. E c’erano diverse interpretazioni da parte degli analisti, secondo alcuni questa operazione sarebbe stato un tentativo di Mediaset e Rai di allungare un po’ il brodo perché quando ci sarà la rete in fibra quell’infrastruttura sarà un ferro vecchio fra qualche anno, come disse un ad di Rai qualche anno fa. Ma non tutti la pensano così, perché stiamo parlando di una infrastruttura importante che non ha un ruolo esclusivo nella trasmissione del segnale televisivo. In realtà, come si evince dagli ultimi piani industriali di Rai Way, ci sono due scuole di pensiero, perché lì ci sono anche altri contenuti come i data center, le prospettive sul 5G. E ad esempio la tecnologia FWA, che ha bisogno di una infrastruttura macro che faccia da ponte. Per un periodo si era anche parlato di quella infrastruttura, una volta completata la rete in fibra, per realizzare una rete pubblica di backup in caso di emergenze.
Key4biz. Sarebbe una bella proposta.
Riccardo Saccone. E’ una cosa di cui si era parlato. Ma no, bisogna fare oggi le nozze con Ei Towers. Ma quando poi dopo la rete in fibra sarà fatta e la maggior parte degli analisti ci dice che il segnale (televisivo ndr) andrà in streaming, quella rete a che servirà?
Key4biz. Anche perché il tempo di vita del digitale terrestre è limitato e scadrà nel 2031, con l’Italia unico paese, con la Spagna, che ha gioito per prolungamento dei tempi in occasione dell’ultima World Communication Conference, la conferenza mondiale dell’ITU di Dubai.
Riccardo Saccone. Esattamente. La rete di trasmissione televisiva ha gli anni contati. Siamo gli unici ad aver fatto l’upgrade del digitale terrestre quando tutti in Europa ne stavano uscendo. Purtroppo paghiamo 20 anni di duopolio.
Key4biz. Alla fine del digitale questa rete rischia di essere obsoleta.
Riccardo Saccone. Appunto. Torniamo alla solita domanda: tutte queste operazioni perché le stiamo facendo? Se il Governo ci dà una risposta plausibile, noi non siamo contrari per definizione alle novità. Quelo che un po’ ci impensierisce, anche su Rai Way, è non capire a cosa serve questa operazione. Ma chi sta lavorando a questo dossier di Rai Way è lo stesso che si è immaginato quello della rete Tim? Perché sono un po’ preoccupato. Anche perché se il capitale di Rai Way in mano allo Stato scende sotto il 30% qualche preoccupazione mi viene. Tra l’altro, due anni fa quando ci presentarono il piano industriale della Rai, quantificarono in 225 milioni di euro l’investimento necessario per trasformare la Rai in una digital media company, che sono noccioline, 190 milioni sarebbero arrivati dalla vendita ulteriore di Rai Way. Ma ci dissero che si sarebbero fermati al 51%. Ora però qui il combinato disposto di una ulteriore vendita di quote e della fusione porterebbe la Rai al 30%. Io, vedendo come ha funzionato la quota di circa il 30% del MEF e di F2i in Fibercop nel rapporto con KKR, sono preoccupato. Perché quella di Rai Way ad oggi è un’infrastruttura ancora strategica e un domani potrebbe continuare ad essere strategica, anche prendendo atto del fine vita imminente del digitale terrestre.
Key4biz. Torniamo a Fibercop.
Riccardo Saccone. Si dimette il 23 gennaio, dopo sei mesi dalla separazione della rete, l’amministratore delegato Ferraris. E non succede niente. Adesso stanno facendo lo scouting per individuare il sostituto. Ci volete spiegare cosa sta succedendo? Ma in primo luogo al Paese, perché lì ci hai messo soldi pubblici. Del resto, Ferrais che è un signore non ha detto niente, però non mi pare nemmeno che abbia smentito le varie uscite di stampa secondo cui c’è stato un dissidio.
Key4biz. Come commenta l’uscita del Financial Times?
Riccardo Saccone. Intanto, bisogna dare atto al Governo che delle decisioni le stanno prendendo. Su Fibercop, secondo il quotidiano economico di Londra, ci sarebbe un ammanco di circa mezzo miliardo. Allora, se è così le strade sono due. La prima, addio sogni di gloria. Tutti i piani di investimento in intelligenza nella rete salterebbero perché in quel caso KKR dovrebbe fare il minimo sindacale nei prossimi tre anni prima di cominciare a diluire le quote in vista dell’uscita. Faccio presente che dentro a quel cartello ci sono anche i pensionati canadesi. Ma qui stiamo parlando dell’infrastruttura portante del Paese per portare l’Italia nel futuro, e come cittadino vorrei sapere se il Governo sa cosa ha fatto e cosa sta facendo. Perché altrimenti non è vero che siamo nella transizione digitale, non è vero che ci sarà l’intelligenza artificiale.
Key4biz. Ora pare che il piano industriale di Fibercop che doveva essere presentato a marzo sia slittato forse a fine anno.
Riccardo Saccone. L’alternativa è che si ricominci a parlare di risparmi, e oltre all’addio agli investimenti infrastrutturali si intervenga sul fattore lavoro.
Key4biz. Erano previste 1.800 uscite.
Riccardo Saccone. Sì, erano previste 1.800 uscite in articolo 4, ma al momento quella cosa non è fluida. Non si capisce perché. Stanno uscendo troppi tecnici, pochi tecnici. Non lo so. Quel che è certo è che 20mila persone, questa è la dotazione iniziale, rischiano di essere un po’ troppe a business costante. Perché un conto è se ci sono gli investimenti in intelligenza sulla rete e aggiungi così professionalità, però 20mila persone per una infrastruttura come questa, se rimane soltanto questa infrastruttura che vende all’ingrosso la connettività, sono troppe. Hai più bisogno di una infrastruttura vicina a una Sirti, che fa manutenzione. Perché tu oggi hai bisogno di tanti giuntisti in fibra, ma un domani no. O tu progressivamente cambiavi la natura di questa azienda, riqualificando il personale con programmi di pensionamento. Siamo consapevoli che quel numero, 20mila dipendenti, andava fatto scendere. Ma fatto scendere con intelligenza.
Key4biz. Convertendo le professionalità.
Riccardo Saccone. Sì. Puntando sull’intelligenza della rete. Se tu vuoi puntare sull’innovazione devi anche investire in formazione e professionalità. Cambiare il mix generazionale, perché lì l’età media è un po’ alta (sopra i 50 anni ndr). E allora avevamo gli strumenti perché questi 1.800 che stanno uscendo lo stanno facendo bene. Ma è chiaro che in questa situazione tutto entra in un’alea di grande confusione, anche dopo l’articolo uscito sul Financial Times. Anche se è un po’ un segreto di Pulcinella. Si sentiva, non dall’azienda, che stanno studiando forme di riduzione dell’orario per esempio. L’azienda non ha detto nulla di tutto questo. Certo che dopo questo articolo sono un po’ preoccupato.
Key4biz. E su Tim?
Riccardo Saccone. Su Tim spa (Tim Consumer più Tim Enterprise) siamo sempre stati preoccupati, perché resta un’azienda che ha circa 12-13mila persone. Sta dentro un mercato molto competitivo. Ma che succede adesso? E’ vero che ha ridotto il debito, però non si è azzerato (è pari a 7 miliardi netti) e adesso è completamente paragonabile agli altri operatori, perché non ha più la rete che ne ha garantito la tenuta anche dei conti in questi anni. C’è un azionista di riferimento, che è Vivendi con un 24% che seppur in uno splendido isolamento sta sempre lì. Per come è frazionato il capitale quel 24% è importantissimo. Su Tim da subito abbiamo detto che serve una attenzione extra, perché se da un lato su Fibercop c’è ancora una base esodabile con l’articolo 4 della legge Fornero. Su Tim non ce l’abbiamo più. Per i prossimi due anni le uscite sono pochissime. Ora, o tu la rafforzi Tim, nella sua unicità, sciogliendo il nome di Vivendi con il subentro di qualcuno. Oppure c’è il tema del consolidamento, che vuol dire che c’è il rischio dello spezzatino. Perché per estrarre valore e per permettere a Vivendi di uscire senza un bagno di sangue, io tempo che una delle strade per estrarre valore possa essere quello di valorizzarla per pezzi.
Key4biz. Tim Enterprise, Tim Consumer e Tim Brasil.
Riccardo Saccone. Sui 12mila dipendenti totali di Tim, la Divisione Consumer ne ha 6-7mila in Italia, di cui 2mila abbondanti nei call center. Iliad ha dato garanzie che manterrebbe il perimetro invariato e l’ingresso di Poste noi non lo vediamo negativamente, anzi. Ha una sua importanza nella digitalizzazione della PA. Però torno alla domanda inziale: si può sapere qual è il progetto? Qual è il senso? Noi ce lo chiediamo perché, a seconda delle scelte, noi dobbiamo gestire migliaia di persone che hanno un’età media alta, ma troppo bassa per andare in pensione. In tutto questo, salta il tavolo al Mimit la settimana scorsa, non si sa quando sarà riaggiornato. Ma dalla vicenda dell’ex monopolista deriva il futuro di tutto il settore, un settore che è in crisi, con un contratto di lavoro scaduto da due anni e mezzo. Ma stiamo parlando di settori strategici per il futuro e l’innovazione.
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