L’italiana R1 group nuovamente sotto attacco informatico. Il primo di Novembre i dati online
Source: Redhotcyber
L’italiana R1 group nuovamente sotto attacco informatico. Il primo di Novembre i dati online
Un nuovo attacco informatico prende di mira la R1 Group, dopo l’incidente avvenuto a giugno di questo anno. Ricordiamo che la scorsa volta, è stata la cybergang Cuba ransomware ad accedere alle infrastrutture IT dell’azienda con l’epilogo della pubblicazione dei dati sulle darknet.
Questa volta a colpire è stata la cybergang Karakurt Team che pubblica un post all’interno del suo data-leak-site (DLS) riportando quanto segue:
R1 Group è una società che opera nel settore dell'Information Technology e dei Servizi. Impiega 101-250 persone e ha un fatturato di 25-50 milioni di dollari. Da 28 anni l'azienda offre tecnologie, innovazioni e soluzioni per contribuire allo sviluppo e al consolidamento del business di aziende pubbliche e private. In questa versione possiamo offrirti 50 GB dei loro dati aziendali.
AL momento non si conosce bene cosa sia successo, ma il numero dei file riportati dalla cybergang è pari a 51GB, anche se viene messa a disposizione la lista dei file in possesso della cybergang, ma tale lista risulta scaricabile ma vuota.
Dalla data riportata dalla cybergang, sembrerebbe che il countdown sia fissato al primo di novembre relativamente alla pubblicazione dei dati, nel caso in cui l’azienda non concederà il pagamento del riscatto.
Da tenere in considerazione, che Cuba ransomware in passato aveva reso disponibili i file al download senza riportare il quantitativo complessivo. Pertanto potrebbe anche trattarsi di una rivendita dei dati del vecchio data breach, anche se questo risulta tutto da capire.
Il Gruppo R1 nasce come risposta a un mercato IT in continua evoluzione e continua a cercare nuovi marchi per mantenere solida la propria rete. Nel corso degli anni, ha investito in esperti del settore, specialisti tecnologici, consulenti esperti nello sviluppo di applicazioni e sistemi, insieme al nostro modello di servizio certificato ISO , ci hanno consentito di fornire con successo progetti di integrazione di sistemi e ha consentito ai nostri clienti di ottenere un vantaggio competitivo in il loro campo.
Da 28 anni il gruppo si occupa “dell’evoluzione e dell’innovazione tecnologica dei progetti delle aziende del settore pubblico e privato nel Paese. Collaboriamo con i principali attori tecnologici del mercato IT per innovare e adattare costantemente i nostri servizi e soluzioni”.
Siamo uno dei Digital Partner più importanti in Italia per progetti di integrazione di sistemi e tecnologie per accompagnare i clienti nel processo di Digital Transformation delle loro attività.
Nel mentre attendiamo un comunicato ufficiale dell’azienda, RHC monitorerà l’evoluzione della vicenda in modo da pubblicare ulteriori news sul blog, qualora ci fossero novità sostanziali.
Nel caso in cui l’azienda voglia fornire una dichiarazione a RHC, saremo lieti di pubblicarla con uno specifico articolo sulle nostre pagine per dare risalto alla questione.
Qualora ci siano persone informate sui fatti che volessero fornire informazioni sulla vicenda od effettuare una dichiarazione, possono accedere alla sezione contatti, oppure in forma anonima utilizzando la mail crittografata del whistleblower.
Cos’è il ransomware e come proteggersi
Il ransomware, è una tipologia di malware che viene inoculato all’interno di una organizzazione, per poter cifrare i dati e rendere indisponibili i sistemi. Una volta cifrati i dati, i criminali chiedono alla vittima il pagamento di un riscatto, da pagare in criptovalute, per poterli decifrare.
Qualora la vittima non voglia pagare il riscatto, i criminali procederanno con la doppia estorsione, ovvero la minaccia della pubblicazione di dati sensibili precedentemente esfiltrati dalle infrastrutture IT della vittima.
Per comprendere meglio il funzionamento delle organizzazioni criminali all’interno del business del ransomware as a service (RaaS), vi rimandiamo a questi articoli del nostro sito:
- Il ransomware cos’è. Scopriamo il funzionamento della RaaS
- Perché l’Italia è al terzo posto negli attacchi ransomware
- Difficoltà di attribuzione di un attacco informatico e false flag
- Alla scoperta del gruppo Ransomware Lockbit 2.0
- Intervista al rappresentante di LockBit 2.0
- Il 2021 è stato un anno difficile sul piano degli incidenti informatici
- Alla scoperta del gruppo Ransomware Darkside
- Intervista al portavoce di Revil UNKNOW, sul forum XSS
- Intervista al portavoce di BlackMatter
Le infezioni da ransomware possono essere devastanti per un’organizzazione e il ripristino dei dati può essere un processo difficile e laborioso che richiede operatori altamente specializzati per un recupero affidabile, e anche se in assenza di un backup dei dati, sono molte le volte che il ripristino non ha avuto successo.
Infatti, si consiglia agli utenti e agli amministratori di adottare delle misure di sicurezza preventive per proteggere le proprie reti dalle infezioni da ransomware e sono in ordine di complessità:
- Formare il personale attraverso corsi di Awareness;
- Utilizzare un piano di backup e ripristino dei dati per tutte le informazioni critiche. Eseguire e testare backup regolari per limitare l’impatto della perdita di dati o del sistema e per accelerare il processo di ripristino. Da tenere presente che anche i backup connessi alla rete possono essere influenzati dal ransomware. I backup critici devono essere isolati dalla rete per una protezione ottimale;
- Mantenere il sistema operativo e tutto il software sempre aggiornato con le patch più recenti. Le applicazioni ei sistemi operativi vulnerabili sono l’obiettivo della maggior parte degli attacchi. Garantire che questi siano corretti con gli ultimi aggiornamenti riduce notevolmente il numero di punti di ingresso sfruttabili a disposizione di un utente malintenzionato;
- Mantenere aggiornato il software antivirus ed eseguire la scansione di tutto il software scaricato da Internet prima dell’esecuzione;
- Limitare la capacità degli utenti (autorizzazioni) di installare ed eseguire applicazioni software indesiderate e applicare il principio del “privilegio minimo” a tutti i sistemi e servizi. La limitazione di questi privilegi può impedire l’esecuzione del malware o limitarne la capacità di diffondersi attraverso la rete;
- Evitare di abilitare le macro dagli allegati di posta elettronica. Se un utente apre l’allegato e abilita le macro, il codice incorporato eseguirà il malware sul computer;
- Non seguire i collegamenti Web non richiesti nelle e-mail;
- Esporre le connessione Remote Desktop Protocol (RDP) mai direttamente su internet. Qualora si ha necessità di un accesso da internet, il tutto deve essere mediato da una VPN;
- Implementare sistemi di Intrusion Prevention System (IPS) e Web Application Firewall (WAF) come protezione perimetrale a ridosso dei servizi esposti su internet.
- Implementare una piattaforma di sicurezza XDR, nativamente automatizzata, possibilmente supportata da un servizio MDR 24 ore su 24, 7 giorni su 7, consentendo di raggiungere una protezione e una visibilità completa ed efficace su endpoint, utenti, reti e applicazioni, indipendentemente dalle risorse, dalle dimensioni del team o dalle competenze, fornendo altresì rilevamento, correlazione, analisi e risposta automatizzate.
Sia gli individui che le organizzazioni sono scoraggiati dal pagare il riscatto, in quanto anche dopo il pagamento le cyber gang possono non rilasciare la chiave di decrittazione oppure le operazioni di ripristino possono subire degli errori e delle inconsistenze.
La sicurezza informatica è una cosa seria e oggi può minare profondamente il business di una azienda.
Oggi occorre cambiare immediatamente mentalità e pensare alla cybersecurity come una parte integrante del business e non pensarci solo dopo che è avvenuto un incidente di sicurezza informatica.
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