Eurostack, nuovi passi in avanti in Commissione ITRE per l’autonomia tecnologica europea su cloud, AI e quantistica
Le proposte approvate dalla Commissione ITRE
Standardizzazione, ricerca e sviluppo, accesso al mercato, investimenti, cooperazione internazionale e commercio, saranno i pilastri della prossima politica industriale europea, che dovrà essere votata allo sviluppo di un ecosistema digitale continentale completo e competitivo. La Relazione approvata dalla Commissione Industria, ricerca e energia del Parlamento europeo (Committee on Industry, Research and Energy, più conosciuta con l’acronimo inglese ITRE) va in questa direzione e punta allo sviluppo di un quadro di valutazione dei rischi per monitorare e affrontare le dipendenze nella catena del valore digitale.
L’obiettivo è quello illustrato nell’iniziativa “EuroStack – A European Alternative for Digital Sovereignty”, un piano articolato per rafforzare la capacità tecnologica europea, ridurre la dipendenza da fornitori stranieri e sviluppare un’infrastruttura digitale sovrana, aperta e conforme ai principi europei. Questa iniziativa mira a promuovere la creazione di tecnologie all’avanguardia, garantendo al contempo trasparenza, sicurezza e sostenibilità ambientale.
Gli eurodeputati chiedono sostanzialmente di ‘comprare europeo’, di dare cioè fiducia ai fornitori nati e cresciuti negli Stati membri dell’Unione europea, dove non mancano né le imprese, né le competenze.
Manca semmai la domanda interna.
Un’infrastruttura pubblica digitale europea (DPI)
Nel documento presentato oggi in Commissione, approvato con 63 voti favorevoli, 5 contrari e 10 astensioni, con un emendamento di compromesso presentato dai gruppi PPE, S&D, Renew e Verdi/ALE, è sottolineata con forza l’importanza strategica delle infrastrutture digitali critiche, tra cui cavi, torri cellulari, satelliti, data center e spettro.
Per questo è stata proposta l’istituzione di un’Infrastruttura Pubblica Digitale Europea (DPI), che comprenda tecnologie come semiconduttori, connettività, infrastrutture cloud, software, dati e intelligenza artificiale.
Uno dei punti salienti del documento approvato nell’ambito dei compromessi della commissione ITRE, c’è il sostegno a gigafactory di IA e partenariati pubblico-privato per aumentare la quota del 7% degli investimenti globali nell’IA dell’Europa.
Si abbracciano anche i principi “open-source first” e “public funds – public code” per prevenire il vendor lock-in e stimolare l’innovazione.
C’è la necessità di sviluppare “servizi cloud sovrani come quelli completamente sotto la giurisdizione dell’Unione e liberi da interferenze e dipendenze”.
I deputati chiedono un livello di base per la DPI e raccomandano di stanziare finanziamenti adeguati nel prossimo Quadro Finanziario Pluriennale (QFP), concentrando gli investimenti su settori strategici, oltre quelli già menzionati sopra, come calcolo ad alte prestazioni, l’informatica quantistica, le biblioteche digitali.
Tutti settori chiave, che dovrebbero per questo rientrare nella giurisdizione europea e rispettare pienamente il diritto dell’UE. L’invito diretto alla Commissione è proporre una legislazione che affronti i rischi elevati derivanti da fornitori provenienti da paesi terzi.
Knafo: “Potenziare gli strumenti di investimento pubblico-privato“
Viene chiesto a gran voce di lavorare “alla legge sulle reti digitali e alla legge sullo sviluppo del cloud e dell’intelligenza artificiale”, ma anche di sviluppare “una visione più olistica delle infrastrutture digitali, che includa numerosi elementi oltre alla semplice connettività”.
C’è la necessità di “potenziare gli strumenti di investimento pubblico-privato, migliorare l’accesso ai finanziamenti per start-up e scale-up in settori tecnologici critici e l’importanza degli appalti pubblici per sostenere soluzioni digitali aperte e interoperabili”.
“Negli ultimi mesi ho avuto l’opportunità di incontrare numerosi esperti ed imprenditori. Le loro testimonianze sull’eccessiva regolamentazione, sui prezzi dell’energia e sugli ostacoli agli investimenti privati mi hanno permesso di elaborare proposte concrete“, ha affermato la relatrice Sarah Knafo (ESN, Francia), ospite della Prima Conferenza sull’Indipendenza Digitale organizzata e promossa da Key4biz a Roma.
“Tra queste – ha precisato Knafo – l’eliminazione degli ostacoli agli investimenti privati nell’innovazione, la deregolamentazione e il miglioramento del livello di sicurezza dell’hosting dei dati per proteggerci dagli interventi stranieri“.
“È inoltre fondamentale trasferire in Europa l’hosting dei dati sensibili, sostenere le nostre imprese negli appalti pubblici invece di distribuire sussidi inefficaci e, infine, ottenere un’elettricità competitiva eliminando le norme anti-nucleare dal mercato elettrico europeo“, ha aggiunto la relatrice.
La Relazione, che non ha carattere vincolante, sarà sottoposta al voto dell’Assemblea plenaria in una prossima sessione plenaria, probabilmente a luglio, scrive sui social l’eurodeputata Alexandra Geese (Greens/EFA).
L’eccessiva dipendenza tecnologica europea da fornitori esteri
Un passo importante, in un contesto digitale che vede l’Unione in evidente difficoltà.
Attualmente, oltre l’80% delle infrastrutture digitali europee dipende da tecnologie importate, una condizione che espone il continente a vulnerabilità sistemiche, inefficienze economiche e rischi geopolitici.
Nel settore del cloud computing, come ha spiegato dalle nostre pagine il Professore di filosofia del diritto e di Informatica giuridica presso l’Università Milano-Bicocca, Andrea Rosseti, solamente tre aziende statunitensi, Amazon Web Services (AWS), Microsoft Azure e Google Cloud, detengono quasi il 70% del mercato europeo, mentre il più grande fornitore europeo ha una quota inferiore al 2%.
Allo stesso modo, il 70% dei modelli fondamentali di intelligenza artificiale è stato sviluppato negli Stati Uniti, con la Cina che sta rapidamente incrementando la propria quota di mercato. Anche nella produzione di semiconduttori, essenziale per l’industria tecnologica, l’Europa consuma circa il 20% del totale mondiale ma ne produce solo il 9%. Con l’European Chips Act, l’Unione Europea mira a raddoppiare questa quota al 20% entro il 2030, ma la strada per raggiungere tale obiettivo è ancora lunga e richiede ingenti investimenti.
A causa della concentrazione del potere nelle mani di un numero limitato di aziende globali in settori digitali chiave, tra cui sistemi operativi, informatica, servizi cloud, intelligenza artificiale, ricerca, pubblicità digitale e pagamenti online, l’UE rischia di non raggiungere gli obiettivi del Decennio Digitale.
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