Cinema. Negli USA l’appello a Trump a combattere la pirateria, invece di imporre dazi ai film
I dazi di Trump sui film, una minaccia camuffata da salvezza
Il recente annuncio del Presidente Donald Trump, pubblicato sulla sua piattaforma Truth Social, ha acceso un dibattito acceso tra gli operatori del settore cinematografico e i policy maker: per fermare quella che definisce la “morte molto rapida” dell’industria cinematografica americana, Trump propone l’introduzione di dazi del 100% su tutti i film prodotti all’estero. Una misura che, se attuata, rappresenterebbe una svolta radicale e potenzialmente distruttiva per Hollywood.
Secondo Trump, l’industria cinematografica statunitense sarebbe oggi sotto attacco da parte di nazioni straniere che attraggono le produzioni con incentivi economici, erodendo la centralità produttiva americana. Definendo la situazione una “minaccia alla sicurezza nazionale”, il Presidente ha invocato misure protezionistiche mai viste prima: dazi del 100% su qualsiasi film girato al di fuori degli Stati Uniti.
Tuttavia, questa visione è stata criticata da numerosi esperti di commercio e innovazione tecnologica. L’Information Technology and Innovation Foundation (ITIF),think tank bipartisan di riferimento per le politiche dell’innovazione, in una nota stampa ha sottolineato che “l’introduzione di dazi su film stranieri potrebbe essere solo il primo passo verso una guerra commerciale più ampia sui servizi digitali, settore in cui gli Stati Uniti detengono un chiaro vantaggio competitivo”.
Il vero nemico dell’audiovisivo è la pirateria online. L’appello a Trump
Rodrigo Balbontin, direttore associato dell’ITIF per il commercio e la governance digitale, ha evidenziato come “l’export di servizi digitali – tra cui film, serie TV e contenuti in streaming – costituisca una delle principali voci attive nella bilancia commerciale americana. Introdurre tariffe punitive significherebbe non solo aumentare i costi per i consumatori statunitensi, ma anche offrire ai partner commerciali stranieri il pretesto per imporre ritorsioni simmetriche contro le imprese digitali americane, colpendo le piattaforme di streaming, gli studi di post-produzione e le imprese creative che oggi dominano il mercato globale”.
In alternativa a politiche tariffarie rischiose e potenzialmente autolesionistiche, l’ITIF propone di “concentrare gli sforzi sulla protezione della proprietà intellettuale, con misure concrete contro la pirateria online”. Le violazioni del copyright da parte di siti stranieri rappresentano un danno sistemico per l’industria americana: “minano i modelli di business legali, riducono gli introiti da licenze e pubblicità, e disincentivano gli investimenti in contenuti originali”.
L’approccio suggerito prevede, tra le altre cose, che il Congresso approvi leggi che consentano di bloccare i siti di pirateria ospitati all’estero – una pratica già autorizzata in oltre 50 Paesi e che si è dimostrata efficace nell’aumentare l’adozione di piattaforme legali. Inoltre, gli Stati Uniti dovrebbero fare pressione nei negoziati commerciali per rafforzare gli standard di protezione del copyright nei trattati internazionali.
Un danno da 30 miliardi di dollari all’economia americana
Le piattaforme online di servizi streaming illegali e la condivisione non autorizzata di file audiovisivi causano un danno all’economia americana stimato in 30 miliardi di dollari all’anno di mancati guadagni per l’industria nazionale, il 42% del totale mondiale, che è di 71 miliardi di dollari. A rischio, secondo le stime della Global Innovation Policy Center della Camera di Commercio degli Stati Uniti ci sono 250 mila posti di lavoro.
Secondo dati dell’MPA, negli Stati Uniti ci sono circa 130 siti pirata in abbonamento, con 2 milioni di utenti almeno che sono disposti a pagare fino a 10 dollari al mese, un costo estremamente contenuto per guardare un numero quasi illimiato di film, serie, spettacoli ed eventi sportivi in diretta.
Un numero di utenti che è inevitabilmente destinato a crescere con l’aumentare dei costi delle piattaforme legali a pagamento, come Netflix e Disney+.
La società di consulenza Parks Associates prevede che la perdita cumulativa causata dalla pirateria dai servizi di streaming legali statunitensi dal 2022 raggiungerà i 113 miliardi di dollari entro il 2026.
Cambiare strategia e tutelare i diritti
L’industria audiovisiva americana, e in particolare Hollywood, si trova a un bivio. Da un lato, politiche protezionistiche come quelle proposte da Trump potrebbero compromettere decenni di leadership globale, innescando pericolose ritorsioni e frammentazioni del mercato.
Dall’altro, un rafforzamento della lotta contro la pirateria e una più ampia tutela del copyright rappresentano una strategia strutturata e coerente per proteggere l’industria creativa americana.
In un mondo sempre più interconnesso e digitale, la forza degli Stati Uniti non risiede nella chiusura, bensì nella capacità di esportare talento, innovazione e contenuti protetti da un sistema legale forte ed efficace.
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