PNRR, Transizione 5.0 in stallo: su 6 miliardi disponibili, spesi appena 13 milioni. Allarme di Banca d’Italia e Corte dei Conti
Solo due settimane fa avevamo parlato della pioggia di miliardi destinata dal PNRR alla transizione green, stando ai dati forniti dalla sesta relazione trasmessa dal Governo a Bruxelles. Tuttavia, sotto la superficie ottimista dei documenti ufficiali, si agitano le ombre sollevate da Banca d’Italia e Corte dei Conti: ritardi strutturali e fondi bloccati ci mostrano un quadro completamente diverso. Secondo le analisi delle due Istituzioni, riportate anche in Parlamento in una mozione concernente monitoraggio e stato di attuazione del PNRR, ci sarebbero delle criticità rilevanti, sospinte da dinamiche di finanziamento ancora molto restrittive, rese più instabili dagli ultimi accadimenti internazionali, in particolare l’inasprimento dei dazi.
In sostanza, a 14 mesi dalla conclusione (giugno 2026) del Piano che avrebbe dovuto rilanciare l’economia italiana dopo la pandemia Covid, dando una spinta decisiva alla transizione energetica, si registrano ritardi “insostenibili”.
La verità parziale dei dati della VI relazione
A conti fatti, dei 194 miliardi previsti complessivamente, solo una piccola fetta è stata già impiegata nella Missione 7 RepowerEu, il cuore verde del programma, ovvero quello che puntava allo sviluppo di fonti rinnovabili e infrastrutture energetiche green. I dati forniti dal documento istituzionale, che attesta l’avanzamento nei progetti finanziati dal PNRR in materia energetica, rischiano di essere fuorvianti in quanto non riferiti alle risorse totali assegnate all’Italia.
Mentre il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica riferisce di aver conseguito i 12 obiettivi contemplati dalla settima rata, per un valore equivalente a 16 miliardi di euro, corrispondenti al 61,16% delle opere attivabili, a tre anni e mezzo dall’approvazione del Piano, si scopre che dei 33,7 miliardi di euro stanziati per la decarbonizzazione del Paese, suddivisi in 119 milestone, la maggior parte ha riguardato il capitolo riforme e non quello dedicato agli investimenti.
Volendo fare una breve panoramica dei principali investimenti previsti, possiamo annoverare:
- Transizione 5.0 (6,3 miliardi di euro)
- Rafforzamento delle smart grid (450 milioni di euro)
- Resilienza climatica delle reti: (63,2 milioni di euro)
- Produzione di idrogeno in aree industriali dismesse (90 milioni di euro)
- Tyrrhenian Link (500 milioni di euro)
- Autoproduzione di energia da fonti rinnovabili nelle PMI (320 milioni di euro)
- Progetti pilota sulle competenze “Crescere Green” (100 milioni di euro)
Transizione 5.0, spesi solo 13 milioni dei 6 miliardi previsti
La realtà dei numeri è impietosa. Considerati in toto i fondi disponibili, secondo le informazioni deducibili dal catalogo open data di Italia domani, unica piattaforma su PNRR aggiornata periodicamente, meno del 5% degli interventi ad oggi conclusi risponde a infrastrutture o impiantistica. Sulle opere complesse c’è un ritardo incolmabile, che rende impossibile il raggiungimento dell’obiettivo. In particolare, per la Transizione 5.0, si parla di un fondo totale di 6,23 miliardi, di cui però sono stati spesi solo 13 milioni di euro. Come sottolinea la Corte dei Conti, la misura, che consiste in un regime di crediti d’imposta con l’obiettivo di sostenere la transizione dei processi di produzione verso un modello efficiente sotto il profilo energetico, sostenibile e basato sulle energie rinnovabili, di fatto non sta funzionando.
Perchè? La fruizione dei benefici non è automatica, essendo subordinata a complesse procedure amministrative, con un conseguente aumento delle tempistiche e degli oneri a carico delle imprese. Sono previste, inoltre, soglie minime di risparmio energetico che escludono dalla misura investimenti potenzialmente utili e molti settori strategici, tra cui quelli legati all’economia circolare e alla filiera industriale energivora.
Secondo i dati più recenti, a gennaio 2025 erano arrivate richieste di accesso ai fondi di questo strumento per soli 500 milioni di euro, poco meno dell’8% totale delle risorse a disposizione.
CER, acqua ed e-mobility
Anche per quanto riguarda le CER, Comunità Energetiche Rinnovabili, la situazione è critica. Dei 2,2 miliardi stanziati per una diffusione capillare sul territorio di queste realtà volte all’autoproduzione e l’autoconsumo di energia pulita, ne risultano impiegati solo €44,98 milioni, ossia il 2%.
In affanno, poi, il settore idrico, con 45.000 km di reti non realizzate, e quello delle colonnine elettriche, per il quale non si riusciranno a raggiungere gli obiettivi. Per la ricarica dei veicoli elettrici l’obiettivo nazionale aggiornato prevede l’installazione di 21.255 colonnine entro giugno 2026, di cui 13.755 in ambito urbano e 7.500 lungo le superstrade e autostrade.
Capitolo idrogeno: 40 stazioni previste, ma solo 18 domande
Nel caso delle stazioni di rifornimento a idrogeno l’obiettivo originario con 40 stazioni, era ambizioso, ma è evidente che il Paese annaspa anche su questo fronte. La relazione evidenzia che sono arrivate solo 18 domande, ben al di sotto del target.
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